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Giupeppe.
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Aggiungete qui sotto i testi . -
eureka2013.
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bene bene bene... tenendo conto degli impegni scolastici di questo e del prossimo mese, tenendo conto della volontà del gulliver di promuovere attività culturali, all'ultima riunione si è deciso di procedere alla realizzazione di 3 spettacoli:
1)Lettura di poesia,prosa,testi canzoni sull'amore che siano irriverenti,comiche e originali (da cui il titolo "Ma in 8 è ancora amore?"). Dopo un brainstorming sono venute fuori le prime linee guida in cui effettuare le ricerche per i testi:
-Palazzeschi
-Carnascialeschi
-Goliardi
-Catullo
-Cecco Angiolieri
-chi più ne ha più ne metta
-Francesca ha proposto un monologo su Giulietta arrapata
2)Spettacolo da bar, con testi di opere ambientate in un bar o che semplicemente possano essere riadattate come tali
3)Spettacolo del Dramma o Assurdo (sono stati citati "aspettando Godot e After Giuliet")
Riguardo ai tempi e facendo due conti si è pensato di fare uno spettacolo a metà marzo, uno a metà aprile e uno a inizi maggio
E' fondamentale che si legga quanto più materiale possibile e portarlo mercoledì prossimo in modo da poter iniziare a lavorare da subito
Edited by eureka2013 - 17/1/2014, 16:23. -
eureka2013.
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Il Passero di Lesbia
Il passero, delizia della mia ragazza,
con cui suole giocare, e tenerlo in seno,
ed a lui bramoso dare la punta del dito
ed eccitare focosi morsi,
quando alla mia splendida malinconia
piace scherzare a non so che di caro
e piccolo sollievo del suo dolore,
credo perché allora s'acquieti il forte ardore:
teco potessi come lei giocare
ed alleviare le tristi pene del cuore!
Viviamo (sdolcinata)
Viviamo, mia Lesbia, ed amiamoci
e le chiacchiere dei vecchi troppo arcigni
consideriamole tutte un soldo bucato.
I giorni possono tramontare e ritornare;
noi, una volta che la breve luce è tramontata,
dobbiamo dormire un’unica notte eterna.
Dammi mille baci, poi cento,
poi mille altri, poi ancora cento,
poi di seguito altri mille, poi cento.
Poi, quando ne avremo totalizzate molte migliaia,
li rimescoleremo, per non conoscere il totale,
o perché nessun maligno possa gettarci il malocchio,
sapendo che è così grande il numero dei nostri baci
XXXII. Amabo, mea dulcis Ipsitilla,
A te in bocca e a te dritto nel culo
voglio ficcarvelo, Aurelio e Furio.
Pensate, succhiacazzi e rottinculo,
che sia dei vostri perché ho scritto qualche
verso libidinoso? Il poeta
deve essere casto, ma chi ha detto
che lo devono essere i suoi versi?
Se non fossero lascivi e spudorati
sarebbero scipiti e senza nerbo,
incapaci di farglielo grattare,
non dico ai ragazzini, ma ai pelosi
scimmioni che non danno più di schiena.
Ma voi, perché leggete, brutte checche,
di migliaia di baci, giudicate
me come un effeminato? In bocca,
Furio e Aurelio, ve lo ficco, e nel culo. top
Il trionfo di Bacco e Arianna Lorenzo Dei Medici
Quant'è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Quest'è Bacco e Arianna,
belli, e l'un dell'altro ardenti:
perchè 'l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe ed altre genti
sono allegre tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Questi lieti satiretti,
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti
han lor posto cento agguati;
or, da Bacco riscaldati,
ballon, salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Queste ninfe anche hanno caro
da lor essere ingannate:
non può fare a Amor riparo
se non gente rozze e ingrate:
ora, insieme mescolate,
suonon, canton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Questa soma, che vien drieto
sopra l'asino, è Sileno:
così vecchio, è ebbro e lieto,
se non può star ritto, almeno
ride e gode tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Mida vien drieto a costoro:
ciò che tocca, oro diventa.
E che gioia aver tesoro,
s'altri poi non si contenta?
Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Ciascun apra ben gli orecchi,
di doman nessun si paschi;
oggi siàn, giovani e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi;
ogni tristo pensier caschi:
facciam festa tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti!
Arda di dolcezza il core!
Non fatica, non dolore!
Ciò c'ha esser, convien sia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.. -
Samuele52.
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Dovunque vai conteco porti il cesso - Rustico Filippi
Dovunque vai conteco porti il cesso ,
oi buggeressa vecchia puzzolente,
che quale-unque persona ti sta presso
si tura il naso e fugge inmantenente.
Li dent'i·le gengìe tue ménar gresso,
ché li taseva l'alito putente;
le selle paion legna d'alcipresso
inver' lo tuo fragor, tant'è repente.
Ch'e' par che s'apran mille monimenta
quand'apri il ceffo: perché non ti spolpe
o ti rinchiude, sì ch'om non ti senta?
Però che tutto 'l mondo ti paventa:
in corpo credo figlinti le volpe,
ta·lezzo n'esce fuor, sozza giomenta.
Oi dolce mio marito Aldobrandino - Rustico Filippi
Oi dolce mio marito Aldobrandino,
rimanda ormai il farso suo a Pilletto,
ch’egli è tanto cortese fante e fino,
che creder non déi ciò che te n’è detto.
E non star tra la gente a capo chino,
ché non se’ bozza, e fòtine disdetto;
ma, sì come amorevole vicino,
co noi venne a dormir nel nostro letto.
Rimanda il farso ormai, più no il tenere,
ché mai non ci verà oltre tua voglia,
poi che n’ha conosciuto il tuo volere.
Nel nostro letto già mai non si spoglia,
Tu non dovéi gridare, anzi tacere:
ch’a me non fece cosa ond’io mi doglia.. -
Samuele52.
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- Burchiello (2 sonetti)
Non ti fidar di femmina ch'è usa
di far le fusa torte al suo marito,
che metter ti potrebbe a tal partito,
che tu non puo'saper con quant'ell'usa.
Se di mille t'acorgi, ell'ha la scusa
apparecchiata e farti stare unito,
sì ch'ogni volta ti verre' fallito:
se la riprendi, mostrasi confusa,
ch'è morte a dir, che se tu non la truovi
co' panni alzati e col brigante adosso,
tu non puo' tanto dir che tu gliel pruovi.
Se le rompessi tutto quanto 'l dosso,
dal suo voler giamai tu non la smuovi,
tanto le piace la carne sanz'osso.
Ond'io veder non posso
che solo il mio compagno la contenti,
ché ne vorrebbe ognora più di venti.
Un caso avenne, in sulla meza notte
assai stran[o], se noti il mie latino:
levandosi al barlume il tuo Lorino
mi disse "su, dè vien' qua sanza dotte".
Mostrommi quel cogli occhi di duo botte,
qual reputavo spirito divino,
che 'l tallo avea in man di quel fantino
e 'l suo stava a guisa di chi fotte.
Vorrei saper quel che ne vuol ragione:
se intima amicitia a ciò 'l tirava
o il levargli il dolor della prigione.
Sto infra'due e non so se sognava,
che dormendo hanno errato più persone,
benché inver[o] lui stranamente stava:
sappi che mugolava
com'uno spagnuolin che vuol pastura,
tenendo in man l'una e l'altra natura.. -
Samuele52.
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E, ragazzi, tutta la produzione dell'Aretino!!! metto il link e un sonetto rappresentativo
va bè, non me prende il link, andate su wikisource e cercate Pietro Aretino
Fottianci, vita mia, fottianci presto,
Poiche per fotter tutti nati siamo,
E s’il cazzo ami tu, la potta io bramo,
Ch’il mondo saria nullo senza questo.
Se dopo morte il fotter fosse onesto,
Direi fottianci tanto che moriamo,
Che di là fotteremo Eva e Adamo,
Che trovorno il morir si disonesto.
Veramente egl’è ver che se i forfanti
Non mangiavan quel pomo traditore
Sò ben che si fottevano gl’amanti.
Ma lasciamo le ciance e sino al core
Ficchiamo il cazzo, e fà che mi si schianti
L’anima, che nel cazzo or nasce or muore.
E se possibil fore,
Verrei pur nella potta anche i coglioni
D’ogni piacer fottuti testimoni.. -
Samuele52.
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queste sono di stefano benni ma è anche una citazione di Ilaria e Alessio nel nostro zio vanja
Le piccole cose
che amo di te
quel tuo sorriso un po' lontano
il gesto lento della mano con cui mi accarezzi i capelli
e dici: vorrei averli anch'io così belli
e io dico: caro sei un po' matto
e a letto svegliarsi
col tuo respiro vicino e sul comodino
il giornale della sera la tua caffettiera che canta, in cucina
l'odore di pipa che fumi la mattina il tuo profumo
un po' balsé il tuo buffo gilet
le piccole cose
che amo di te
Quel tuo sorriso strano
il gesto continuo della mano con cui mi tocchi i capelli
e ripeti: vorrei averli anch'io così belli
e io dico: caro me l'hai già detto e a letto sveglia
sentendo il tuo respiroun po' affannato
e sul comodino il bicarbonato
la tua caffettiera che sibila in cucina
l'odore di pipa anche la mattina
il tuo profumo un po' demodè le piccole cose che amo di te
Quel tuo sorriso beota la mania idiota di tirarmi i capelli e dici: vorrei averli anch'io così belli
e ti dico: cretino,
comprati un parrucchino!
e a letto stare sveglia e sentirti russare
e sul comodino un tuo calzino
e la tua caffettiera che é esplosa finalmente, in cucina!
la pipa che impesta fin dalla mattina
il tuo profumo di scimpanzè quell'orrendo gilet
le piccole cose che amo di te.
Io ti amo
e se non ti basta ruberò le stelle al cielo
per farne ghirlanda e il cielo vuoto
non si lamenterà di ciò che ha perso
che la tua bellezza sola riempira l’universo
Io ti amo
e se non ti basta vuoterò il mare
e tutte le perle verrò a portare
davanti a te e il mare non piangerà
di questo sgarbo che onde a mille, e sirene
non hanno l’incanto di un tuo solo sguardo
Io ti amo
e se non ti basta solleverò i vulcani
e il loro fuoco metterò nelle tue mani, e sara ghiaccio
per il bruciare delle mie passioni
Io ti amo
e se non ti basta anche le nuvole catturerò
e te le porterò domate e su te piover dovranno
quando d’estate per il caldo non dormi
E se non ti basta perché il tempo si fermi fermerò i pianeti in volo
e se non ti basta
vaffanculo. -
eureka2013.
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Apollinaire
Fantasticheria sul tuo arrivo
Rêverie sur ta venue
Mio Lou mio Cuore mia Adorata
Darei dieci anni e più
Per i tuoi capelli d'oro
Per i tuoi sguardi vaghi
Per il tuo caro vello ambrato
Più prezioso di quanto lo fosse
Quello di cui conosceva la strada
Sulla strada maestra del Cathai
Che Alessandro percorse interamente
Circe che il suo Giasone frustava
La frustava con rami
D'alloro o d'olivo
Quella lurida agitava le anche
Non avendo più altra malia
Puntava tutto sulle sue chiappe bianche
Quel che fece Giasone alla Regina
Per i suoi raggiri di stregoneria
Per la sua magia ed il suo veleno
Io lo farò a tè tesoro mio
Quando saremo soli in camera
Lo farò anche di più
L'amore la verga eccetera
Un culo sarà nero come un Moro
Quando la mia amante arriverà
Arriva oh Lou che adoro
Nella camera di voluttà
Ove ti farò visita a Nìmes
Mentre prenderemo il the
In quelle poche ore d'intimità
Come m'abbellirà la tua bellezza
Faremo centomila porcherie
Malgrado la guerra e tutti i suoi mali
Avremo belle sorprese
Gli alberi in fiore le Palme
Pasqua le prime ciliegie
Leggeremo sullo stesso letto
Nel libro del tuo stesso corpo
- È un libro che si legge a letto -
Leggeremo la poesia meravigliosa
Delle grazie del tuo splendido corpo
Passeremo dolci domeniche
Più dolci di quanto lo sia il cioccolato
Giocando tutti e due al gioco delle anche
A sera sarò a pezzi
Tu sarai pallida con le labbra bianche
Un mese dopo tu partirai
Scenderà la notte sulla terra
Invano tenderò verso di tè le braccia
Maga di mistero
Mia Circe sparirai
Dove te ne andrai tesoro mio
A Parigi in Svizzera oppure
Sull'orlo della mia malinconia
Questo mediterraneo flusso
Che mai mai si dimentica
Suoneranno allora suoneranno
Le trombe dell'artiglieria
Noi partiremo avanti march
E patapum tesoro mio
Verso quello che si chiama il Fronte
Chissà farò delle prodezze
Come fanno gli altri soldati
In onore delle tue belle chiappe
Dei tuoi dolci occhi vaghi
E delle tue divine carezze
Ma nel frattempo aspetto
Aspetto i tuoi occhi il tuo collo il tuo gran culo
Che non debba aspettare a lungo
La bella truppa delle tue bellezze
Amica mia dai bei seni palpitanti
E vieni dunque perché t'amo
E lo canto in tutti i toni
Cielo nuvoloso la notte è tenebrosa
La luna procede a tastoni
Un'ape sopra la crema
La sposa infedele
(Garcia Lorca)
E io me la portai al fiume
credendo che fosse ragazza,
invece aveva marito.
Fu la notte di S. Giacomo
e quasi per compromesso
si spensero i lampioni
e si accesero i grilli.
Dopo l'ultima curva
toccai i suoi seni addormentati,
e mi si aprirono subito
come rami di giacinti.
L'amido della sua sottana
mi suonava nell'orecchio,
come una pezza di seta
lacerata da dieci coltelli.
Senza luce d'argento sulle loro cime
sono cresciuti gli alberi,
e un orizzonte di cani
latra molto lontano dal fiume.
Passati i rovi,
i giunchi e gli spini,
sotto la chioma dei suoi capelli
feci una buca nella sabbia.
Io mi levai la cravatta.
Lei si levò il vestito.
Io il cinturone con la pistola.
Lei i suoi quattro corpetti.
Né tuberose né chiocciole
hanno la pelle tanto sottile,
né cristalli sotto la luna
risplendono con questa luce.
Le sue cosce mi sfuggivano
come pesci sorpresi,
metà piene di fuoco,
metà piene di freddo.
Quella notte percorsi
il migliore dei cammini,
sopra una puledra di madreperla
senza briglie e senza staffe.
Non voglio dire, da uomo,
le cose che lei mi disse.
La luce della ragione
mi fa essere molto discreto.
Sporca di baci e sabbia,
la portai via dal fiume.
Con l'aria si battevano
le spade dei gigli.
Mi comportai da quello che sono.
Come un gitano autentico.
Le regalai un tavolino da lavoro
grande di raso paglierino,
e non volli innamorarmi
perchè avendo marito
mi disse che era ragazza
quando la portavo al fiume.. -
eureka2013.
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Re Carlo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra
cingendolo d'allor
al sol della calda primavera
lampeggia l'armatura
del sire vincitor
il sangue del principe del Moro
arrossano il ciniero
d'identico color
ma più che del corpo le ferite
da Carlo son sentite
le bramosie d'amor
"se ansia di gloria e sete d'onore
spegne la guerra al vincitore
non ti concede un momento per fare all'amore
chi poi impone alla sposa soave di castità
la cintura in me grave
in battaglia può correre il rischio di perder la chiave"
così si lamenta il Re cristiano
s'inchina intorno il grano
gli son corona i fior
lo specchi di chiara fontanella
riflette fiero in sella
dei Mori il vincitor
Quand'ecco nell'acqua si compone
mirabile visione
il simbolo d'amor
nel folto di lunghe trecce bionde
il seno si confonde
ignudo in pieno sol
"Mai non fu vista cosa più bella
mai io non colsi siffatta pulzella"
disse Re Carlo scendendo veloce di sella
"De' cavaliere non v'accostate
già d'altri è gaudio quel che cercate
ad altra più facile fonte la sete calmate"
Sorpreso da un dire sì deciso
sentendosi deriso
Re Carlo s'arrestò
ma più dell'onor potè il digiuno
fremente l'elmo bruno
il sire si levò
codesta era l'arma sua segreta
da Carlo spesso usata
in gran difficoltà
alla donna apparve un gran nasone
e un volto da caprone
ma era sua maestà
"Se voi non foste il mio sovrano"
Carlo si sfila il pesante spadone
"non celerei il disio di fuggirvi lontano,
ma poiché siete il mio signore"
Carlo si toglie l'intero gabbione
"debbo concedermi spoglia ad ogni pudore"
Cavaliere egli era assai valente
ed anche in quel frangente
d'onor si ricoprì
e giunto alla fin della tenzone
incerto sull'arcione
tentò di risalir
veloce lo arpiona la pulzella
repente la parcella
presenta al suo signor
"Beh proprio perché voi siete il sire
fan cinquemila lire
è un prezzo di favor"
"E' mai possibile o porco di un cane
che le avventure in codesto reame
debban risolversi tutte con grandi puttane,
anche sul prezzo c'è poi da ridire
ben mi ricordo che pria di partire
v'eran tariffe inferiori alle tremila lire"
Ciò detto agì da gran cialtrone
con balzo da leone
in sella si lanciò
frustando il cavallo come un ciuco
fra i glicini e il sambuco
il Re si dileguò
Re Carlo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra
cingendolo d'allor
al sol della calda primavera
lampeggia l'armatura
del sire vincitor.